La documentazione fotografica delle Allegorie francescane
di Giorgia Menghinella
I restauri delle Allegorie francescane
Studiare le vicende conservative della Basilica risulta complesso a causa dei turbolenti cambiamenti avvenuti dopo l’unità d’Italia. Gran parte del lavoro di ricerca è da attribuire al prof. Marco Mozzo che già nella sua tesi1 ripercorreva i principali avvenimenti di fine Ottocento, i quali vedono come protagonista Giovanni Battista Cavalcaselle, nominato Ministro dell’Istruzione Pubblica l’8 ottobre 1871 e promotore dei restauri della Basilica di San Francesco di Assisi tra il 1871 e il 18752. Il 7 luglio 1866 il Governo decreta la soppressione assoluta di tutte le Corporazioni e Congregazioni religiose e soltanto tre anni dopo il Convento ed il Santuario di S. Francesco sono dichiarati beni monumentali. Una volta dichiarato monumento nazionale sorge, per il Governo, l’obbligo della sua conservazione, con spesa a carico del Fondo per il culto. Un obbligo che non si limita all’edificio, ma si estende anche a tutti gli elementi annessi3.
Il primo restauro conservativo
Nel 1871 vengono stanziati i primi finanziamenti per il restauro delle basiliche e Cavalcaselle insieme al restauratore Guglielmo Botti inizia i restauri della Basilica di San Francesco4. In questo arco temporale si colloca il primo intervento di tipo conservativo delle quattro vele con le allegorie francescane, al centro della crociera sull’altare maggiore della Basilica inferiore. Nella monumentale Storia della pittura in Italia, pubblicata da G.B. Cavalcaselle insieme a J.A. Crowe negli anni 1875-1898 quale traduzione e ampliamento della loro di New history of painting in Italy del 1864-1866, Cavalcaselle nelle note dedica molta attenzione allo stato di conservazione degli affreschi e identifica i vari interventi di restauro effettuati da Guglielmo Botti, che operava in quegli anni.
Il secondo restauro conservativo
Il secondo grande intervento di cui conserviamo traccia avviene in seguito all’emanazione nel 1954 della “Legge speciale per Assisi”. L’Istituto Centrale del Restauro inizierà un importante campagna di restauro che interesserà tutta la Basilica, e dal 1 maggio al 20 settembre 1968 effettuerà l’intervento nella volta del presbiterio5. Aver individuato un tracciato storico dei principali interventi è di grande aiuto per lo studio, attraverso le fotografie, dei principali mutamenti avvenuti nel tempo.
Le testimonianze fotografiche
L’analisi delle immagini ha seguito due criteri differenti: la fotografia come testimonianza diretta, che documenta in modo ufficiale le fasi di restauro, e la fotografia come documento indiretto, grazie al quale otteniamo informazioni che in modo non intenzionale ci restituiscono la storia del luogo e dello stato di conservazione dell’opera.
I negativi su lastra di vetro e le corrispondenti stampe, attribuite al fotografo Gabriele Carloforti6 (fig. 1), sono a livello cronologico le prime testimonianze che descrivono lo stato conservativo in cui si trovava la zona absidale della basilica inferiore verso la fine dell’800, una situazione che si protrarrà pressoché inalterata fino alla metà del ‘900, come si nota dalle fotografie di Cesare Benvenuti (fig. 2) che opera ad Assisi dal 1900 al 1925 ca., di Enrico Gori, attivo negli anni 1915-1930 (fig. 3), e nelle campagne fotografiche dei fratelli Alinari del 1893 e del 19117 (fig. 4).
Grazie alla fotografia come documento indiretto si evidenzia la presenza di lampade ad olio e candele, che insieme all’utilizzo dell’incenso rappresenteranno le principali cause dell’annerimento della superficie pittorica. Altro fattore che determinerà l’annerimento delle volte sarà il massiccio afflusso di pellegrini, come riferisce in una relazione Luigi Rosso, membro della Giunta di Archeologia e Belle Arti e professore di Architettura, Geometria e Prospettiva presso il Regio Istituto di Belle Arti di Roma, al ministro dell’Istruzione Pubblica, nel 1885: «Occorre poi far presto, perché è già da molto tempo chiusa al culto la bella chiesa superiore, e perché, portandosi sopra le cerimonie, si libererebbe non poco la chiesa inferiore, che va coprendosi sempre più di fumo, di polvere e di sudiciume»8 . Dal particolare che possiamo osservare (fig. 5) si evidenziano, oltre ad un annerimento omogeneo delle superfici, dei residui puntuali negli incarnati e nelle vesti chiare, che con il riscontro delle analisi diagnostiche è stato possibile attribuire a cause micro biologiche che si sono sviluppate in concomitanza di alcuni pigmenti, come si osserva nella pulitura del restauro nel 1968 (fig. 6 e fig. 7) e in una fotografia scattata in occasione dell’ultimo intervento di restauro, eseguito dalla ditta Tecnireco s.r.l. tra aprile e settembre 2021, sotto la direzione di Sergio Fusetti (fig. 8).
Le mistiche nozze del Santo con la Povertà
Analizzando nello specifico una delle vele, prendiamo come campione quella che Cavalcaselle definisce il primo scomparto: Le mistiche nozze del Santo con la Povertà. La prima immagine presa in esame è un negativo attribuito a G. Carloforti (fig. 9), una lastra del 1884 che fornisce molte informazioni sugli interventi del restauratore Guglielmo Botti di cui ci parlerà Cavalcaselle nelle note di Storie della Pittura in Italia nel 1875.
Si registrano delle alterazioni cromatiche causate dall’ossidazione delle lacche che venivano utilizzate per ravvivare i colori: «La veste di San Francesco tutta ripassata nelle tinte è divenuta scura ed opaca; il manto azzurro del Cristo è alquanto alterato nella tinta»9; «la sua veste azzurra [in riferimento alla Speranza che riceve l’anello dalla Povertà] per l’azione del tempo e del restauro è divenuta scura» (fig. 10). Ci sono poi degli interventi strutturali, come le applicazioni di ganci, che venivano utilizzati per appendere le lampade ad olio: «Sulla guancia sinistra della Povertà scorgesi un buco turato con calcina, stato fatto per configgervi un anello di ferro destinato un tempo a sorreggere gli addobbi che di attaccavano per festeggiare alcune religiose solennità» e nella zona dove viene raffigurato Dio: «Nel mezzo del primo di questi veli vedesi qui pure conficcato un anello di ferro per attaccare gli addobbi nelle solennità» (fig.11) e di stuccature con ricostruzione cromatica lungo i profili delle lacune (fig. 12-13).
In un’immagine successiva dei Fratelli Alinari (fig. 14), il cui numero d’inventario è presente sia nel catalogo fotografico del 1893 che quello del 1911, notiamo come il gancio presente nel volto della Povertà risulti poco evidente; probabilmente è da attribuire ad un ritocco fotografico. Ne abbiamo conferma nelle immagini Alinari del 192910 (fig. 15 e fig. 16) in cui conserviamo la stessa immagine prima e dopo la manipolazione fotografica, avvenuta sia nel negativo che direttamente nell’originale; la vendita delle immagini aveva una finalità puramente commerciale, quindi venivano eliminati tutti quegli elementi che potevano disturbare a livello estetico la fotografia e spesso venivano ritoccate anche con delle aniline per ottenere immagini a colori. Per il resto lo stato di conservazione risulta invariato, caratterizzato da una densa patina nera che copre tutto l’affresco.
Con le diapositive ektachrome a colori scattate da Gerhard Ruf durante i restauri del ’68 (fig. 17- 21) e le stampe BN – gelatina ai sali d'argento su carta baritata – della campagna ufficiale del fotografo De Giovanni (fig. 22-26), si iniziano a registrare gli interventi più significativi, che hanno interessato la pulitura con la rimozione delle antiche lacche, del denso strato di polvere e delle muffe. Contemporaneamente osserviamo un intervento di reintegrazione cromatica che in diversi punti ha mantenuto le stuccature e i ritocchi ottocenteschi e dove necessario è stato integrato con la tecnica del rigatino. Nelle zone dei manti e delle vesti, dove si registrano grandi perdite della pellicola pittorica, si è intervenuto con delle velature ad acquarello.
La causa della fragilità della pellicola pittorica è dovuta all’utilizzo di alcuni pigmenti come l’azzurrite, utilizzati a secco.
Le grandi campagne fotografiche che sono state effettuate in Basilica successivamente ai restauri del 1968, sono servite per monitorare lo stato di conservazione degli affreschi nel tempo (fig. 27- fig. 28- fig. 29- fig. 30). Le alterazioni più rilevanti riguardano un annerimento difffuso – più evidente negli sfondi dorati – dovuto come per il passato ad un deposito del pulviscolo atmosferico e alla condensa che si concentra nella zona del presbiterio, e per un utilizzo eccessivo dell’incenso.
Finalmente con l’ultimo restauro (fig. 31-45) è stato possibile effettuare un intervento più accurato e controllato – in passato sono state effettuate delle pulizie parziali come abbiamo notato dai vari tasselli aperti e poi richiusi in varie zone rimaste “sporche” – grazie alle analisi diagnostiche che sono servite come riferimento. Confrontando le immagini del restauro del ’68 con quelle dell’ultimo intervento si osserva che le cadute di colore dovute a cause micro biologiche, sviluppate in concomitanza di alcuni pigmenti, hanno subito un leggero avanzamento (fig. 45); attualmente la superficie murale appare uniforme e non interessata da eventi di attiva colonizzazione microbica. L’ultimo restauro restituisce così quella brillantezza dei fondi dorati e delle vesti che hanno spinto il Venturi a definirlo come «il capolavoro artistico di tutto il Medioevo cristiano».
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[1] M. Mozzo, Cavalcaselle e la Basilica superiore di San Francesco ad Assisi: documentazione, conservazione e restauro 1860-1892, Tesi di perfezionamento in Lettere e filosofia, Pisa: Scuola Normale Superiore, 2003.
[2] I documenti sono conservati presso l’Archivio centrale dello Stato, Fondo del Ministero della pubblica istruzione, I, versamento, b7 (cf. ivi, 55).
[3] Tavola cronologica sinottica (storico-giuridica) a cura della dott.ssa Cristina Roccaforte.
[4] Mozzo, Cavalcaselle, 55.
[5] Assisi, Archivio del Sacro Convento, faldone 5, Stato italiano 1957-1981.
[6]Catalogo fotografico dello Stabilimento fotografico artistico diretto da Gabriele Carloforti, Assisi, Perugia: Tip. Boncompagni, 1884.
[7]Provincia dell’Umbria. Catalogo n. 2. Riproduzioni fotografiche pubblicate per cura dei Fratelli Alinari […], Firenze: Tip. G. Barbèra, 1893; L’Umbria. Riproduzioni fotografiche pubblicate per cura di Vittorio Alinari […], Firenze: Tip. G. Barbèra, 1911. Entrambi anche online: Lista dei Cataloghi Fotografici (dal 1863) della Fototeca e la Collezione Malandrini, Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut:
<http://wwwuser.gwdg.de/~fotokat/internet/index-it.html> (accesso 24.08.2021).
[8] M. Mozzo, Il restauro di Cavalcaselle nella documentazione fotografica: interventi e interpretazioni: “Studi di Memofonte” 7 (2011) 59.
[9] G. B. Cavalcaselle – J.A. Crowe, Storie della Pittura in Italia, Firenze: Le Monnier, 1875, 381.
[10]Catalogo delle Fotografie di Opere d'Arte e di Vedute, Umbria, Firenze: Alinari, 1929.