Il bestiario della Basilica

Iniziata nel 1228, la costruzione della basilica fu terminata verso il 1253. Le prime decorazioni alle finestre, dovuta ad artigiani renani, anglo-francesi e italiani vengono realizzate già tra il quarto e il settimo decennio del secolo. Le pareti della chiesa doppia hanno ospitato, tra il 1236 e il 1368, artisti da Oltralpe, Pisa, Firenze, Roma, Siena, Emilia-Roma­gna e, naturalmente dalla stessa Umbria. Ancor oggi la superficie dipinta del santuario, per vastità e pre­stigio estetico, non trova confronti. È universalmen­te riconosciuto che la civiltà artistica rinascimentale e barocca, italiana e occidentale, è il risultato di una palingenesi avvenuta nel crogiuolo di questo irri­petibile cantiere, sorto per volontà di papa Gregorio IX col supporto illuminato della Curia romana e di un Ordine ormai dal respiro universale. Il Santua­rio di Assisi ospiterà il "più importante insieme di testi pittorici del Duecento e Trecento italiano". Insieme alla grande arte religiosa di ogni luogo e tempo, anche quella di Assisi celebra e illustra il mistero di Dio nel suo rapporto con l'uomo e il mondo. In prospettiva religiosa, l'universo e la sua storia sono il palcoscenico dove come protagoni­sti "soggetti" interagiscono Dio, l'uomo e ogni al­tra creatura inorganica, organica, vegetale, animale. Nell'allegoria dell'Obbedienza nella chiesa inferio­re è presente la "regina Sapienza" con il simbolo dell'astrolabio, uno strumento che mette l'uomo in comunicazione con le creature dello spazio cele­ste nell'universo in cui vive e si muove. La folla di creature umane, vegetali e bestiali che popola­no pareti e volte della basilica francescana non sono che il riflesso figurato di quelle che ornano il reale, sconfinato palcoscenico di questo universo costitui­to dal cielo cosmico, dalla sfera terrestre, dal mare. Rielaborate dal committente e dall'artista demiur­go anche in senso anatomicamente mostruoso, esse diventano emblema del caos o degrado dall'ordine originale (cosmos=ordine) in cui armonicamente furono composte. La presenza animale - quella che qui si vuole mettere a fuoco - acquista anche ad Assisi una doppia valen­za: reale/naturale e simbolica/metaforica. Committenti ideatori e artisti esecutori pensavano e creavano ope­re d'arte secondo precisi schemi di pensiero biblico e agiografico in grado di essere afferrati e compresi dal destinatario - illitterato o letterato che fosse - sia nel senso aperto/letterale come in quello arcano/allegorico. Al fruitore - che era il pubblico poliedrico presente in chiesa e non un cenacolo chiuso di iniziati - veni­vano pastoralmente offerti come "pro memoria" di impegni di amore e fede. Ut scriptura, pittura! E più ancora della parola predicata stessa, non meno di un testo scritto, il dipinto offriva garanzie maggiori in consistenza di tempo e in stabilità di luogo. Verba volant; scripta/dipinta manent! 

In Europa, i secoli XII e XIII sono i secoli d'oro dei Bestiari greco/latini e volgari, che rivendica­no il Physiologus dell'anonimo autore alessandrino del secondo secolo dopo Cristo quale capostipite. Dati i rapporti stretti dell'arte di Assisi con quella oltremontana e francese dell'epoca di Luigi IX in particolare (scultura, oreficeria, miniatura), un ruolo importante e preferenziale nella comprensione, oltre che dello sti­le formale, anche dei significati letterale e teologico della fauna simbolica, hanno i bestiari di Guillaume le Clerc, Gervaise, Pierre e Vincent de Beauvais. Nel Duecento e Trecento, sempre sotto l'impulso della scienza naturale classica (Aristotele: De historia animalium, rivisitato da sant'Isidoro di Siviglia: Ethi­mologiae, De animalibus,ecc.) densa e potente fu la produzione letteraria dei teologi, filosofi e scienziati scolastici riguardante ogni campo delle scienze na­turali, quella relativa agli animali in particolare. Il poderoso De animalibus libri viginti sex di san Alberto Magno, Il Bestiario di Cambridge, Il libro delle bestie di Raimondo Lullo ne fanno fede. Certo è che lo studio del Liber Scripturae non dispensava da quello delle rivelazioni provenienti dal Liber Naturae. Om­nis creatura verbum Dei, era un motto cosmologico-teologico di quella cultura cristiana. I bestiari, in prosa o poesia, erano dunque veri trat­tati sulla fisiologia e sull'indole degli animali, in­terpretati poi come simboli di virtù/vizi umani e di forze divine superiori. Come nell'agiografia l'intento didattico esemplaristico dell'opera preva­leva su quello episodico e cronachistico, per cui per lo scrittore il santo contava più dell'uomo, così nel­la letteratura zoologica in questione la dimensione semantica catechetica e morale eclissava in qualche modo (mai eliminava del tutto) quella puramente anatomica o della conformazione materiale. È la ra­gione per cui l'autore si ritiene autorizzato a dar via libera alla fantasia nello scomporre e ricomporre, nel dissociare e associare insieme elementi corporali di animali non solo con quelli di altri animali (aqui­la con coda di dragone), ma anche con quelli di esseri umani (toro o cane con busto umano [animali antropomorfi], uomini alati o con teste di animali [corpi umani teriomorfi]). 

Il francescanesimo non ha subito l'influenza icono­foba di Bernardo da Chiaravalle (+1153), ispiratore delle sobrie abbaziali cistercensi. La grandiosa, suggestiva architettura romanico-gotica della rigorosa Riforma benedettina, è nuda, allergica ad ogni rive­stimento ornamentale scultoreo o dipinto. La trama lapidea del luogo di culto, preferendo "forme qua­drate" a quelle "rotonde" - censurate dal fondatore come "voluttuose" - rigettava ogni abbellimento, disprezzato come "degno del popolo rozzo", come "contrario alla povertà", come "disdicente a uomini spirituali". E' celebre l'aspra rampogna contro l'arte figurativa nell'Apologia diretta al monaco Gugliel­mo di Saint-Thierry: "Che cosa vengono a fare nei vostri chiostri dove i religiosi si dedicano alle sante letture, quei mostri grotteschi, quelle straordinarie bellezze difformi e quelle belle deformità? Che cosa significano qui scimmie immonde, leoni feroci, bizzarri centauri che sono uomini soltanto a mez­zo? Perché quelle tigri maculate? Perché guerrieri in combattimento? Perché cacciatori che soffiano nei corni? Qui si vedono una volta parecchi corpi sotto una sola testa, un'altra parecchie teste su un solo corpo? Qui un quadrupede trascina una coda di rettile, là un pesce reca un corpo da quadrupede... Signore, se non si arrossisce di queste assurdità, che almeno si rimpianga quello che sono costate".

Ad Assisi, dove i frati non sono gli esclusivi respon­sabili dell'opera strutturale e ornamentale del santuario - causa la particolare presenza dei pontefici, proprietari del luogo e primari committenti dell'ar­te, come ampiamente dimostra il bollario basilicale - non trova minima eco tale condanna bernardia­na, ispirata in vero a una valutazione esageratamen­te materialistica e venale dell'opera d'arte. E non si possono registrare limiti alla raffigurazione, reale o simbolica, del bestiario, come indica il fregio del marcapiano della facciata della Chiesa superiore.

Il bestiario della Basilica