I Monti di pietà - Povertà genera ricchezza

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Particolare degli affreschi del chiostro del duomo di Bressanone (sec. XIV-XVI)

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Assisi, Sede del Palazzo del Monte frumentario

Non indigenza, ma prassi comunionale

Nel momento in cui si afferma la società urbana con le botteghe, le fabbriche, gli operai, i mercanti, i traffici, Francesco propone l’alternativa tra l’appropriarsi e il non appropriarsi. Egli conosce logiche, forme e valori della nascente civitas mercantile, e quindi nell’uso dei beni distingue le logiche ‘proprietarie’ da quelle ‘non proprietarie’, ciò che è personale da ciò che è condivisibile. Tutto il mondo è bene comune, afferma il Cantico delle Creature.

Si guarda pertanto al capitale e al denaro in analogia con l’acqua: “molto utile et umile, preziosa e casta”, quando è acqua corrente; invece se ristagna, imputridisce e puzza – secondo la celebre metafora di Basilio di Cesarea (IV secolo). Allora la natura non è solo bellezza, ma inesauribile fonte di risorse: non da saccheggiare e spogliare, ma da custodire e gestire per il bene di tutti. Per i pensatori francescani il capitale, come l’acqua, deve circolare per essere utile allo sviluppo della fraternità universale. La scelta di povertà dei francescani, da itinerario di sequela Christi, si allarga ai contenuti socio-economici della società intera. Ed è sorprendente costatare che la povertà, evangelicamente vissuta, consente una relazione liberata con le cose, che non “appartengono”, ma “sono usate”.

Senza la capacità umana di sviluppare e condividere i prodotti della natura e del lavoro non si capirebbe la correlazione fra “bisogni”, “risorse”, “produzione”, “consumo” e “scambio”: concetti che costituiscono le origini e le ragioni dell’economia moderna. In tale prospettiva la comprensione del potere e del suo esercizio non è di dominium, ma di ministerium, gestione delle risorse per il bene comune.

Attenti agli aspetti concreti dell’evangelizzazione, i francescani si erano resi conto dell’impossibilità, per le famiglie meno abbienti e per i laboratori artigiani, di avere accesso al credito a un equo tasso di interesse, ed erano testimoni del dramma di tante persone precipitate in miseria perché strangolate dagli usurai senza scrupoli. Da qui soprattutto nasce la felice intuizione dei Monti di pietà e Monti frumentari. La differenza tra le due istituzioni sta nel fatto che i primi servivano a calmierare il costo del denaro, mentre con i secondi si intese calmierare il prezzo dei cereali per le semine degli agricoltori.

Non mancarono strenui oppositori, ma questa attività non violava la regola sul denaro imposta da Francesco: i fratres agiscono per l’utilità della gente, senza considerare e trattenere come loro proprietà il denaro che, infatti, fanno continuamente circolare. I Monti servono non solo ad aiutare persone in difficoltà, ma ad assicurare alla città un mercato equo e un ammortizzatore sociale, in un contesto economico statico e soggetto a rapidi tracolli. Inoltre resero produttiva una ricchezza stagnante, inserendosi in maniera ortodossa nel solco della riflessione sul denaro dei secoli precedenti.

I Monti di pietà - Povertà genera ricchezza